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Giornalista svela come la CIA controlli i massmedia

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Tyler Durden Zerohedge 09/10/2014

Sono stato corrotto da miliardari e dagli americani per non riferire… la verità”. Udo Ulfkotte, ex-direttore di una delle principali pubblicazioni della Germania, la Frankfurter Allgemeine Zeitung

intelligence_usa_cia_gettyAlcuni lettori vedendola subito la respingeranno come propaganda russa, dato che l’intervista è apparsa su RT. Sarebbe un grave errore. Sia che lo si voglia ammettere o meno, il controllo della CIA sui media negli Stati Uniti e all’estero non è complottismo, è un fatto. Carl Bernstein, noto per il caso Watergate, scrisse un articolo di 25000 parole su Rolling Stone dopo aver trascorso sei mesi a osservare il rapporto tra CIA e stampa negli anni della guerra fredda. Qui di seguito è riportato un estratto, ma si può leggere l’intera cosa qui.
Nel 1953, Joseph Alsop, uno dei principali editorialisti statunitensi, si recò nelle Filippine per seguirne le elezioni. Non vi andò perché glielo chiese la sua agenzia, ne perché glielo chiese il giornale per cui scriveva. Vi andò su richiesta della CIA. Alsop è uno degli oltre 400 giornalisti statunitensi che negli ultimi venticinque anni hanno segretamente svolto incarichi per la Central Intelligence Agency, secondo i documenti della CIA. Alcune di queste relazioni tra giornalisti e l’Agenzia sono taciute, altre erano esplicite. C’era cooperazione, complicità e collusione. I giornalisti forniscono una gamma completa di servizi clandestini, dalla semplice raccolta di informazioni ad agire come intermediari per lle spie nei Paesi comunisti. I giornalisti condividevano i loro appunti con la CIA e i caporedattori il loro personale. Alcuni giornalisti furono vincitori del premio Pulitzer, giornalisti illustri che si consideravano ambasciatori ufficiosi del loro Paese. La maggior parte era meno esaltata. Corrispondenti all’estero associati con l’Agenzia contribuirono con il loro operato; corrispondenti e free lancer erano interessati ad agire da spia per riempire di temerarietà i loro articoli; e la categoria più piccola, era formata da agenti della CIA mascherati da giornalisti all’estero. In molti casi, i documenti della CIA dimostrano che i giornalisti erano impegnati a svolgere compiti per la CIA, con il consenso dei vertici dei principali organi d’informazione statunitensi”.
Come ogni buona agenzia d’intelligence, la CIA ha imparato dai propri errori dopo essere stata smascherata, aggiustando la tattica. Ecco dove il concetto di “copertura non ufficiale” entra in gioco. Il termine è stato ultimamente descritto dal giornalista tedesco Udo Ulfkotte, in una intervista a RT. Ulfkotte era un giornalista rispettato di uno dei principali quotidiani tedeschi, Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ); quindi non è un pesce piccolo. La “Copertura non-ufficiale” si verifica quando un giornalista essenzialmente lavora per la CIA, ma non in veste ufficiale. Così entrambe le parti approfittano della partnership, mentre allo stesso tempo adottano la negazione plausibile. La CIA troverà giovani giornalisti divenendone il mentore. All’improvviso le porte si aprono con ricompense, e prima di capirlo, devono l’intera carriera alla CIA. Così in sostanza funziona. Ma non credete a me…

Se v’interessa, leggetevi Operazione Mockingbird.

Traduzione di Alessandro Lattanzio


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